NewsCommissione cultura Camera – Audizione di Valdo Spini, presidente AICI

Commissione cultura Camera – Audizione di Valdo Spini, presidente AICI

Commissione cultura Camera, Indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale. Audizione di Valdo Spini, presidente AICI (Associazione delle Istituzioni Culturali Italiane), 10 ottobre 2017.
 
On. le Presidente, on.li deputati,
Vorrei esprimere tutto l’apprezzamento dell’Aici e mio personale per questa importante iniziativa della Commissione Cultura della Camera, presieduta dall’on. le Flavia Nardelli, che ben ci conosce per essere stata “dei nostri” nel suo precedente incarico di Segretario Generale dell’Istituto Luigi Sturzo.
 
Come dice il vostro documento, l’Indagine conoscitiva si colloca nel solco dell’attuazione dell’articolo 9 della Costituzione. Un articolo che costituisce la nostra stella polare e anche il nostro dovere ed impegno. Proprio un’associazione come l’Aici che, comprende tante istituzioni dedicate a personaggi e a filoni culturali e ideali fondativi della nostra Repubblica, non solo lo sente particolarmente ma intende sottolineare altresì il rapporto che deve intercorrere tra cultura ed educazione civica.
 
Credo che la vostra Indagine Conoscitiva potrà essere un catalizzatore significativo di ricerche e di interventi innovativi in un campo che ne ha profondo bisogno.
 
Vi faccio grazia in questa sede, limitandomi a un rapido memento, della necessità di mantenere e se possibile incrementare gli stanziamenti previsti dalle prossime scadenze di bilancio per i contributi a Fondazioni e istituti culturali, da parte dei Ministeri competenti, Mibact e Miur. Voglio però dare atto al Mibact dei miglioramenti conseguiti da questo ministero anche  sul delicato terreno dei tempi e sull’efficienza dei contributi deliberati. Col  Mibact del resto  coorganizziamo ormai le nostre conferenze nazionali.
 
Ma vengo subito al tema di questa indagine conoscitiva: “Buone pratiche della diffusione culturale”. Spero, magari, di conquistare per il nostro mondo qualche benemerenza sul terreno degli stanziamenti di bilancio, anche con la presente testimonianza presso questa Commissione di Indagine.
 
La nostra associazione, l’Aici (www.aici.it)  riunisce attualmente centotre soci tra Istituti, Fondazioni, Associazioni, Accademie.  Dunque una comunità, nel senso evocato dal vostro Programma di indagine conoscitiva, non una lobby potremmo aggiungere noi, ma un pezzo di società civile:  una buona pratica in sé stessa, quindi. L’associazione all’Aici è assolutamente libera, non esiste obbligo di sorta a farlo, ma il numero e la qualità degli associati permette di definirci come un’associazione largamente rappresentativa di questo settore della cultura italiana. Vi sono nell’Aici accademie plurisecolari, istituti e fondazioni che rappresentano le culture politiche della Repubblica in un ampio quadro pluralistico, fondazioni di cultura musicale, fondazioni di tutela e valorizzazione di beni culturali, fondazioni di carattere scientifico, fondazioni di cultura e di storia di impresa, e tante altre che sono descritte nelle nostre pubblicazioni e sul nostro sito www.aici.it.
 
Cosa unisce allora una gamma così ampia e così differenziata di soggetti? La riconosciuta utilità -e quindi la volontà- di fare rete.  Non è concepibile una diffusione della cultura oggi che non si riconosca in un rapporto reciproco di informazione e condivisione delle attività e delle iniziative, appoggiandosi   anche su una rete nel senso contemporaneo e tecnologico del termine. Fare rete è la nostra esperienza ma anche un’indicazione più generale che ci permettiamo di indicare per le conclusioni della vostra commissione.
 
L’Aici lo ha fatto nel senso della conoscenza e della valorizzazione delle iniziative di ciascuno nonché nella direzione dello scambio di esperienze e, perché no, anche dell’emulazione in questo campo di attività.
 
Un’impostazione del genere ci ha condotto ad organizzare delle Conferenze Nazionali annuali dal titolo “Italia è cultura”, basate ogni anno su delle sessioni plenarie e sui dei workshop sugli argomenti inerenti alle nuove modalità di fare cultura nell’era digitale, alle nuove modalità di comunicazione della cultura stessa, nonché della conservazione e di fruizione di biblioteche e di archivi. All’insegna del principio della condivisione nel rispetto dell’autonomia di ciascuno ma nell’intento di far crescere l’attenzione verso tutti.
 
Abbiamo seguito un criterio di diffusione nel territorio delle nostre iniziative, collaborando con istituzioni locali e fondazioni locali, anche bancarie. Così dopo Torino al Nord (Nord Ovest) nel 2014, Conversano (Bari) al Sud nel 2015, Lucca al centro nel 2016; siamo appena reduci dalla IV Conferenza nazionale (22-23 settembre) con cui siamo ritornati al Nord, questa volta al Nord Est, in una regione-ponte verso l’Europa come il Friuli Venezia Giulia, in una città, Trieste, così significativa per l’Italia e così piena di fascino per tutta l’Europa. Prevediamo di svolgere la quinta di nuovo al Sud, a Ravello, nel prossimo autunno.
 
Delle prime tre conferenze nazionali abbiamo pubblicato gli atti, in tre volumi, che mettiamo naturalmente con piacere a disposizione della Commissione cultura della Camera. Pubblicheremo anche gli atti della recente quarta svoltasi a Trieste.
Nelle ultime due delle Conferenze Nazionali che abbiamo organizzato, –ecco un  esempio concreto di buone pratiche-abbiamo altresì voluto mettere a disposizione degli istituti nostri soci, delle borse di partecipazione alla nostra conferenza riservate a giovani dirigenti delle nostre Fondazioni e istituti under 35. Un’iniziativa cui teniamo molto per sviluppare l’innovazione nel nostro stesso mondo, quello delle fondazioni e istituti culturali. Oltre che formare i giovani, come in vario modo si sta facendo anche con i provvedimenti per l’alternanza scuola-lavoro, stages, tirocini e quant’altro, si potrebbe dare occupazione, un’occupazione qualificata.
 
C’è bisogno in questo senso e ci auguriamo che ciò possa avvenire, che vi sia un riconoscimento in sede universitaria dei periodi di ricerca trascorsi dai giovani nelle nostre Fondazioni e anche di una definizione contrattuale per i nostri collaboratori, più appropriata di quelle esistenti o di fatto utilizzate, perché oggi si fatica a inserirsi tra la fattispecie contrattuali del commercio o quello di Federculture che rappresenta il mondo delle imprese culturali.
 
Su questo punto è necessario che venga compiuta una valutazione ponderata e attenta, ai fini delle opportune iniziative legislative. È una riflessione che compete alla politica ma su cui noi come fondazioni e istituti culturali vorremmo portare un contributo non solo di idee ma anche di dati di conoscenza. Come Associazione, abbiamo promosso un questionario specifico, i cui risultati parziali sono stati presentati nella nostra recente Conferenza di Trieste e la cui definitiva elaborazione è imminente. L’inchiesta sarà valutata dagli organi dirigenti dell’Aici e messa a disposizione delle Commissioni parlamentari, in particolare della vostra Indagine conoscitiva.
 
È una ricognizione che riguarda la data di fondazione degli istituti nostri soci, i loro campi di attività, la loro struttura, i loro dipendenti. I loro collaboratori, le rispettive tipologie e che riteniamo possa essere di utilità generale.
 
Difficile se non impossibile effettuare una descrizione delle buone pratiche di diffusione della cultura messe in atto da tutti i nostri singoli associati. A rischio di dispiacere a qualcuno, qualche esempio lo voglio fare per la comodità del vostro dibattito.
 
Comincio dal caso Torino dove è stato possibile raggruppare molte Fondazioni, i loro archivi e le loro biblioteche in un’unica e ben attrezzato centro culturale, il Polo del Novecento, grazie alla congiunta iniziativa di Comune, Regione e Compagnia San Paolo.  Le economie esterne realizzate sono veramente consistenti e le capacità di diffusione culturale delle iniziative delle singole istituzioni partecipanti effettivamente e di molto potenziate. Esiste infatti il problema di garantire il futuro delle nostre istituzioni e questo significa garantire gli spazi e minimizzare i costi di funzionamento. L’esempio di Torino potrebbe quindi essere seguito anche da altre città.
 
Dal Nord mi sposto al Sud, a Conversano, in provincia di Bari, in una città di grandi attrazioni storico- artistico- culturali ma di circa 26.000 abitanti. Ivi la Fondazione Di Vagno realizza un Festival annuale, Lector in fabula, che nella sua edizione del settembre 2017 ha visto lo svolgimento di circa 120 eventi culturali con la partecipazione di circa 15.000 presenze tra cui numerosi studenti delle scuole superiori.  Oltre al Festival si svolgono corsi di formazione politica e recentemente si è aggiunto un altro festival in modo da estenderne l’attività nel corso dell’anno. È un tipico esempio sull’impulso che attività culturali possano dare ad un centro di dimensioni non grandi e concorrere al suo sviluppo.
 
Ritorno al Nord per segnalare le iniziative della Fondazione Feltrinelli, che elabora prodotti culturali ad uso didattico.  Vi è un portale pubblico, dedicato ad una scuola di cittadinanza europea, e sono migliaia le attività in corso. È un bell’esempio di come si possa unire conservazione/ricerca e contatto/aggiornamento con insegnanti e studenti in un’ottica di costante dialogo tra la nostra storia/identità e la costruzione di futuro.
 
So bene che trascuro di menzionare molte altre iniziative, ma, eventualmente mi riservo di trasmettervi altro materiale in proposito proveniente dai nostri soci che lo vorranno fare. Ho letto peraltro attentamente le precedenti deposizioni del prof. Alberto Asor Rosa, del dr. Giuseppe Laterza e del prof. Franco Cardini e nelle prime due in particolare, il riferimento alla diffusione della lettura come condizione indispensabile per la diffusione della cultura e le condivido.
 
Vorrei in quel senso allora segnalare una buona pratica che si situa in questo caso nel centro Italia. Alludo al Sistema Bibliotecario Pubblico della Toscana e alla sua esperienza iniziata soprattutto a partire dall’anno 2000. La maggior parte delle biblioteche pubbliche della Toscana vedono ampliarsi il concetto di Biblioteca da Biblioteca di conservazione e consultazione a Biblioteca a scaffali aperti. Le nuove più recenti biblioteche, sono state a volte realizzate in importanti edifici storici (a Firenze -le Oblate) ,  ma anche in edifici  industriali dismessi, come a Pistoia e a Prato. Ma anche centri di minore dimensione (Bagno a Ripoli, Pontedera, Sesto Fiorentino e vari altri hanno realizzato strutture del genere.)
 
Attorno a tali biblioteche si sono costituiti dei veri e propri centri culturali polifunzionali e accoglienti. Naturalmente c’è il WI FI e si possono utilizzare i computer e i vari strumenti multimediali. Vi si trovano degli auditorium, delle edicole, delle emeroteche, degli spazi per bambini e per ragazzi e, naturalmente delle caffetterie. Vi sono spazi di silenzio e spazi di confronto. Ai loro frequentatori, in particolare ai giovani, sono posti a disposizione spazi per varie attività culturali fino a comprendere locali per la registrazione di brani musicali.
 
Di particolare importanza ai fini dell’immigrazione, uno dei fenomeni più importanti e complessi del mondo contemporaneo, sono i Poli multiculturali presenti in varie biblioteche e in generale i servizi linguistici. Il successo di tali biblioteche è dimostrato dall’incremento del numero dei frequentatori.
 
Vorrei sottolineare il valore di un’esperienza del genere proprio perché è la dimostrazione di uno dei principi dell’economia contemporanea e cioè che l’offerta crea la domanda. Per quanto attiene ai servizi culturali non si può stare in passiva attesa di una domanda che decresce o che non si manifesta, ma occorre differenziare i servizi per rafforzarne l’offerta e attirare nuova domanda.
 
D’altro canto molte Fondazioni e istituti culturali hanno anche riviste. Mi permetto quindi aggiungere un riferimento alle riviste culturali nell’altra mia veste di Presidente del Coordinamento delle Riviste Italiane di Cultura (Cric). Noi organizziamo la presenza di stand collettivi di riviste culturali italiane sia al Salon de la Revue di Parigi (10-12 Novembre p.v.) che alla Fiera della Piccola e Media editoria ( Roma 6-10 dicembre p.v.). Leggo che voi farete delle visite in loco per verificare le esperienze che più vi interessano. Non so se potranno essere tra le vostre mete, ma, nel caso sarete benvenuti.
 
Concludo con una citazione del Prof. Paolo Baratta, dalla relazione che ha tenuto proprio alla nostra Conferenza Nazionale di Trieste, lo scorso 22 settembre.
 
“Dunque cultura è necessaria per fronteggiare la complessità della condizione umana. e la complessità delle scelte che dobbiamo compiere, sovente tra dilemmi e soluzioni contraddittorie. E nel tempo presente abbiamo bisogno di un vero e proprio riarmo culturale”
 
Personalmente credo che questo sia anche un vero e proprio obiettivo politico, per la politica, della politica e nella politica. Ma non voglio sconfinare in un campo che è di vostra competenza istituzionale e chiudo ringraziandovi a nome dell’Aici e mio personale per la vostra attenzione.