Notizie dagli istitutiCentro Universitario Europeo per i Beni CulturaliQuale Cultura, Quale Sviluppo – Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali

Quale Cultura, Quale Sviluppo – Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali

La rovinosa epidemia che ha colpito l’Italia, come tanti altri paesi, ha già provocato una profonda metamorfosi nel nostro modo di vivere e non sappiamo ancora se e come il fenomeno si arresterà, naturalmente o per le misure di contrasto che sapremo predisporre. Svariate sono le ipotesi sul suo insorgere e sulla sua insolita virulenza, scarsamente valutabili dagli stessi “addetti ai lavori”.
 
Mettiamo laicamente da parte, pur con tutto il rispetto, l’evocazione, di antico stampo, del “castigo di Dio”, ma si fa sempre più insistente il sospetto, ed il timore, che la causa di tutto ciò possa stare nella presunta onnipotenza dell’uomo che ha maturato la convinzione, evidentemente errata, che con strumenti e tecniche sempre più sofisticati si possano controllare gli effetti indesiderati e/o “collaterali” dell’intenso sfruttamento delle risorse ambientali, provocando profondi mutamenti strutturali come i cambiamenti climatici ed altro che sconvolgono cicli e stili di vita, abitudini, consuetudini, identità.
 
Ciò in assenza di nuovi modelli di sviluppo attendibili, corroborati da riferimenti etici e culturali che possano convalidare scelte consapevoli ed ampiamente condivise. Si potrebbe obbiettare che si tratta di fenomeni “ciclici”. C’è chi sostiene che di fronte a dette forzature determinati organismi, come i virus, si adattino e si irrobustiscano, dimostrando che, alla fine, l’uomo deve alzare la mani, ritrovandosi impreparato al cospetto di questa inaspettata involuzione. La natura si riprende i suoi “spazi”. Forse è banale anche accennarlo, ma non ci sono missili o altri dirompenti apparati bellici che pos- sano scalfire la crisi umanitaria che stiamo subendo. Si arre- sterà, o si riproporrà, o muterà.
 
Ma il prezzo che abbiamo pagato e pagheremo per lungo tempo è molto alto. Abbiamo sacrificato le persone più indifese, come i medici e gli infermieri, morti sul campo, o i sacerdoti, o gli anziani (quelli poveri), considerati alla stregua di scarti della società, come direbbe il Sommo Pontefice, invece di preservarli come fonte di esperienze e custodi della nostra memoria da tramandare ai più giovani.

 
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